venerdì 17 maggio 2013

In modo che

Kraviz al telefono mi fa una domanda mentre dice che il fumo invecchia la pelle:
"Lo hai accettato di Sam, perché non dovresti di André?"
Inizio a pensare alle sigarette del Rim. Ne sto consumando una tra le mani. Conto il tempo rimasto. Rifletto su Safeport. Cerco di vedere la barba di Hale in controluce. Alle taglie sulla testa dei browncoat, ai Blues. Butto giù un grumo di fumo. Quando attacco, il mio dito scorre su poche righe.
Deploro la brutalità. Non serve a niente. Invece il maltrattamento prolungato, senza violenza fisica, se viene applicato con abilità dà origine all’angoscia e a un particolare senso di colpa. (...) Il soggetto non deve rendersi conto che il maltrattamento è l’attacco deliberato di un nemico antiumano alla sua identità personale. Deve essere costretto a convincersi che merita tutti i trattamenti che riceve perché in lui c’è qualcosa (mai specificato) di orribilmente colpevole. Il bisogno spasmodico di controllo che hanno i tossicodipendenti deve essere occultato, pudicamente nascosto da una burocrazia arbitraria e abbastanza intricata, in modo che il soggetto non possa mai entrare direttamente in contatto con il suo nemico.
La guerra si porta via tutto.
"..Contavo le tue costole e, sai, erano infinite, ma tu eri nuda e felice sul prato; non ti ho mai visto sorridere in quel modo, fuori dai miei sogni.."
Lo hai accettato di Sam, perché non dovresti di André?
Intanto la mia testa sogna Hale mentre si agita tra le baracche di Safeport. Lo sento che mi sussurra qualcosa, mi stringe il polso, è arrabbiato:
"io sono sempre in qualche posto all’Esterno a dare ordini e all’Interno di questa camicia di forza di gelatina che cede e si tende ma si riforma sempre davanti a ogni movimento, ad ogni pensiero, a ogni impulso..."

Mi sveglio. Apro gli occhi e capisco. Capisco perché.
Strappo dei fili d' erba. Un temporale mi consola dicendo che Coração ritornerà presto. Ritornerà lui è come i gatti. 

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